Il bugiardo non vive a lungo: scopri perché!
Un’emergenza silenziosa sembra colpire la sanità italiana, un fenomeno che meriterebbe un’attenzione più incisiva, considerate le sue potenziali conseguenze.
Vincenzo D’Anna, presidente della Federazione Nazionale degli Ordini dei Biologi, ha recentemente espresso le sue preoccupazioni in una lettera al direttore del Quotidiano Sanità. La missiva critica un certo tipo di narrazione politica che, secondo D’Anna, banalizza il dibattito sulla gestione della sanità, equiparando la salute pubblica a un monopolio statale. Andiamo a scoprire perché questa situazione meriti di essere approfondita.
D’Anna descrive un’epidemia di disinformazione che ha preso piede nel dibattito pubblico riguardante la sanità. Una forma di “morbo ferale” che non è causata da agenti patogeni, ma piuttosto dall’inganno politico. Questa ‘malattia’ si esprime attraverso una serie di scelte retoriche mirate a delegittimare le strutture private e la loro operatività, insinuando che esse non possano offrire un servizio pubblico dignitoso. Insomma, l’idea prevalente è che solo lo Stato possa garantire una salute “pubblica” valida. Questo approccio, stando a quanto afferma D’Anna, racchiude in sé una contraddizione irrisolvibile: mentre in altri ambiti si promuove la concorrenza come un valore, nel settore sanitario si tende a stigmatizzarla come un pericolo.
Il presidente della FNOB sottolinea come la narrazione corrente possa portare all’idea distorta che un servizio privato sia sinonimo di lucro e non di assistenza sanitaria. È evidente, quindi, che ci sia un tema di confusione: il profitto, visto come un obiettivo inaccettabile, viene equiparato a una sorta di immoralità. Questo porta la gente a pensare che chi lavora nella sanità pubblica lo faccia per pura missione, dimenticando che anche loro ricevono un compenso per il loro lavoro. C’è una netta distinzione da fare: il profitto di un imprenditore non è la stessa cosa di una speculazione a danno del paziente.
Sanità pubblica e impressioni distorte
Un’altra questione centrale sollevata da D’Anna riguarda la comprensione del concetto di “sanità pubblica“. Riportando nel dibattito il tema della accessibilità, egli ricorda che un servizio è considerato pubblico quando risulta accessibile a tutti, indipendentemente dalla loro situazione economica. Ciononostante, ciò che emerge chiaramente è una certa contraddizione: le strutture private possono offrire un servizio altrettanto valido, a patto di rispettare determinati standard di qualità.
La lettera dell’autore mette in luce una problematica seria: quando si permette solo a un monopolio di operare nel campo della sanità, si priva di fatto i cittadini del diritto di scegliere liberamente il proprio medico o la struttura in cui ricevere assistenza. L’accreditamento delle strutture private permette di garantire che anche queste soddisfino elevati requisiti, ma talvolta, il pubblico sembra dimenticare che la competizione potenziale consente di migliorare il servizio totale offerto.
D’Anna invita a riflettere: perché la concorrenza rappresenta un problema nel settore della sanità quando, in altre aree, viene acclamata come elemento di crescita e innovazione? Nella sua analisi, non si possono ignorare le lunghe liste d’attesa che affliggono spesso il comparto pubblico, mentre molti cittadini si vedono costretti a pagare di tasca propria per ricevere cure tempestive. Davvero la salute deve dipendere solo dalla normativa statale o è il momento di considerare un approccio più equilibrato e pragmatico?
Politica e sanità: un legame complesso
Nella parte finale della lettera, D’Anna menziona l’episodio recente riguardante Marcello Gemmato, sottosegretario alla Salute, finito nel mirino per possedere quote di un poliambulatorio privato. Questo caso serve per mostrare come la politica e la sanità siano spesso intrecciate in modi complessi e inaspettati. Invece di concentrarsi sulle reali problematiche, come la gestione delle liste d’attesa, si preferisce attaccare quelli che tentano di sfruttare le opportunità disponibili senza infrangere la legge.
Il presidente della FNOB ribadisce che anche le strutture pubbliche, con più di 130 miliardi di euro di finanziamenti annuali, presentano volumi di errori e inefficienze che non possono essere trascurati. Lungi dal voler demonizzare il sistema sanitario pubblico, la lettera di D’Anna invita a considerare che le critiche costruttive possono servire a migliorare questa situazione, piuttosto che a mantenere un dibattito sterile e fuorviante. Quindi, sebbene l’argomento sia complesso e variegato, la discussione deve riguardare il miglioramento del servizio complessivo, per il bene dei cittadini.