Il virus dell’influenza aviaria, noto anche come H5N1, è da tempo sotto i riflettori in vari ambiti di ricerca e salute.
Recenti analisi hanno rivelato che questo virus potrebbe aver colpito più persone di quanto ufficialmente segnalato. In particolare, alcune indagini effettuate negli allevamenti bovini hanno sollevato preoccupazioni riguardo alla trasmissione del virus tra gli animali e il personale umano, evidenziando una situazione che va ben oltre i numeri evidenziati dai centri di controllo.
Negli ultimi mesi, le segnalazioni riguardanti il virus H5N1 si sono amplificate, in particolare tra gli allevamenti di bovini da latte negli Stati Uniti. Da aprile del 2024, i casi di contagio si sono intensificati, portando a una crescente attenzione da parte delle autorità sanitarie. Queste hanno identificato che il virus potrebbe diffondersi da pollame a bovini, specie in situazioni dove gli animali convivono in spazi ristretti e condividono le stesse fonti di cibo e acqua. I lavoratori degli allevamenti infetti hanno riportato vari sintomi: da congiuntivite a febbre, fino a sintomi più generali come naso che cola e starnuti. Ma non è tutto; sembra che il contagio fra esseri umani sia limitato, con solo 46 casi ufficialmente registrati nei sei Stati.
Eppure, questo numero potrebbe non riflettere la realtà. I sistemi di monitoraggio potrebbero non riuscire a catturare tutti i contagi, specialmente quelli asintomatici. Il virus, quindi, non solo pone rischi diretti per gli animali, ma potrebbe anche nascondere insidie per le persone che lavorano a stretto contatto con loro. La scoperta recente che circa il 7% dei lavoratori testati ha sviluppato anticorpi senza presentare sintomi è un campanello d’allarme che mette in evidenza l’importanza di un monitoraggio più attento e sistematico.
Per capire l’impatto reale del virus H5N1, i Centers for Disease Control and Prevention hanno collaborato con le autorità sanitarie di Michigan e Colorado per condurre un’analisi su 115 lavoratori degli allevamenti. Questi campioni di sangue sono stati esaminati con attenzione, circa 15-19 giorni dopo l’individuazione del virus tra gli animali. I risultati hanno rivelato la presenza di anticorpi all’H5N1 nel 7% dei soggetti, un dato che ci parla di otto individui infettati, di cui quattro non avevano sintomi evidenti.
La maggior parte di questi lavoratori non si era resa conto di essere entrata in contatto con il virus, mentre gli altri quattro che avevano sintomi mostrano segni iniziali, come uno sguardo inusualmente arrossato. Questa situazione fa luce sulla necessità di strategie di monitoraggio più efficaci e tempestive in ambienti a rischio. La difficoltà di identificare i contagi asintomatici indica che il virus potrebbe diffondersi silenziosamente, rendendo difficile la prevenzione.
L’assenza di dispositivi di protezione mentre si lavorava con animali potenzialmente infetti rappresenta un tema donna. Gli otto lavoratori risultati infetti avevano pulito gli spazi di mungitura e, quasi tutti, avevano manipolato animali infetti senza indossare alcuna forma di protezione. Nei casi di esposizione a virus come l’H5N1, dispositivi di protezione individuale, come maschere, occhiali protettivi e tute, sono fondamentali per ridurre i rischi. Ma ciò che è più allarmante è che questo protocollo non è stato seguito.
La mancanza di misure preventive può far sì che casi simili si verifichino ancora e che il contagio si diffonda più facilmente. Questo è un richiamo all’importanza di informare e formare i lavoratori del settore su pratiche di sicurezza e sanità. Il fatto che molti lavoratori non fossero a conoscenza delle procedure necessarie per proteggersi è un indicatore di quanto sia necessario un cambiamento nella cultura delle pratiche lavorative.
Alla luce di queste nuove scoperte, le autorità sanitarie, in particolare i CDC, stanno rivedendo le loro linee guida riguardo la salute pubblica. Infatti, ora si raccomanda che chiunque possa essere entrato in contatto con animali infetti, anche se non presenta sintomi evidenti, debba sottoporsi a test e, se necessario, a trattamenti antivirali. Certamente, questi passi sono cruciali per limitare la diffusione del virus H5N1, non solo tra il bestiame, ma anche nelle comunità umane.
La situazione attuale, quindi, richiede un monitoraggio continuo e un approccio proattivo per affrontare la trasmissione del virus che potrebbe avere conseguenze devastanti. Comprendere che il virus non è limitato al pollame ma ora anche ai bovini può cambiare le strategie di intervento e di prevenzione. Le parole d’ordine diventano quindi prevenzione e informazione, nonché implementazione di pratiche sicure nel settore zootecnico.