Malaria a Verona: il caso è importato. Scopri di più!
Il recentissimo caso di malaria segnalato a Verona ha messo in allerta le autorità sanitarie italiane. Inizialmente ritenuto di origine autoctona, un’approfondita indagine ha svelato che il paziente aveva effettuato un viaggio all’estero in una zona a rischio. Scopriamo insieme i dettagli di questa situazione e approfondiamo la malaria, una malattia che continua a essere un argomento di attualità.
Il 7 novembre, l’Azienda Ospedaliera di Verona ha annunciato un caso di malaria, creando immediatamente preoccupazione. Inizialmente si pensava a un contagio avvenuto in Italia, ma indagini condotte dalla Direzione Prevenzione della Regione Veneto insieme al Servizio di igiene e sanità pubblica dell’Ulss 9 Scaligera hanno chiarito la situazione. Ecco cosa è emerso: il paziente aveva recentemente viaggiato in un’area endemica di malaria, senza però fornire questa informazione al momento della segnalazione. Francesca Russo, a capo della Direzione Prevenzione, conferma che la situazione è sotto controllo e che non ci sono segni di un caso autoctono. Le autorità hanno attivato meccanismi di monitoraggio pronti per operare in caso di emergenza, ma fortunatamente, non è stata necessaria alcuna azione di contenimento.
Questa vicenda mette in luce come, nonostante gli sforzi compiuti negli ultimi decenni, la malaria possa ancora rappresentare una minaccia in determinate circostanze. Ma vediamo ora più da vicino cosa sia effettivamente la malaria e come si diffonde.
Malaria: una malattia tropicale da conoscere
La malaria è una parassitosi provocata da organismi unicellulari noti come protozoi, in particolare del genere Plasmodium. E ci sono diversi tipi di Plasmodium, ma i principali che causano la malaria nell’uomo sono il P. falciparum, P. vivax, P. ovale e P. malariae. È una malattia tropicale e sorprendentemente, il 94% dei casi trova la sua origine in Africa. Ma come avviene la trasmissione?
Il principale veicolo di contagio è rappresentato dalle zanzare femmine del genere Anopheles. Questi insetti assorbono il plasmodio dal sangue di una persona infetta e successivamente lo inoculano a un altro individuo quando vanno a pungere. Ecco perché è essenziale prestare attenzione negli oli dove la malaria è diffusa. In rari casi, il contagio può avvenire anche tramite trasfusioni di sangue, trapianti o utilizzo di aghi contaminati, ma non si trasmette attraverso contatti diretti come la saliva o i rapporti sessuali.
I sintomi della malaria compaiono generalmente fra i 7 e i 18 giorni dall’infezione e possono essere piuttosto gravi. Febbre elevata, forti brividi, sudorazioni notturne, mal di testa acuti, vomito, dolori muscolari e diarrea sono solo alcuni dei segnali che possono far sospettare un contagio. La malattia si cura attraverso farmaci specifici, di solito a base di artemisinina, mentre la profilassi consiste nel prevenire il contatto con le zanzare e, in caso di viaggi in zone a rischio, assumere medicinali antimalarici. Da recente, sono stati approvati anche vaccini molto promettenti che potrebbero cambiare le sorti della lotta contro questa malattia.
Caso autoctono: cosa significa realmente
Parlare di malaria autoctona in Italia può generare confusione, soprattutto alla luce dei recenti eventi a Verona. Ma cosa si intende esattamente per “caso autoctono”? Da più di cinquant’anni, il nostro paese aveva praticamente messo le mani sulla malaria, ma i pochi casi recenti, come quello segnalato, sono stati sempre di origine “importata”, ovvero riconducibili a viaggiatori tornati da regioni nei quali la malaria è endemica.
Nei giorni scorsi si era diffusa la voce che il paziente di Verona non avesse viaggiato recentemente, creando un certo allarmismo. Tuttavia, dopo accurati controlli, è stato accertato che non era così e che la possibilità di un contagio locale è stata esclusa. È interessante sapere che, nonostante si pensi che la malaria non sia un problema in Italia, nel nostro territorio continuano a essere presenti le zanzare Anopheles, potenziali veicoli di contagio. Infatti, Anopheles labranchiae, il principale vettore in passato, è ancora diffuso nelle regioni meridionali e nelle isole, ma la situazione nel Veneto è fortunatamente sotto controllo, con le autorità sanitarie pronte a intervenire se necessario.
La malaria “da bagaglio”: una minaccia invisibile
Parlando di casi importati, un aspetto interessante è la cosiddetta “malaria da bagaglio”, che fa riferimento a quando una zanzara infetta riesce a viaggiare in un aereo o in un bagaglio da un Paese endemico a uno in cui la malaria non è presente. Se una di queste zanzare riesce a pungere una persona a destinazione, può causare l’insorgenza della malattia. Sebbene sia una evenienza poco comune, è un argomento di discussione tra esperti di sanità pubblica.
La malaria da bagaglio solitamente viene considerata quando si presenta un caso di malaria in soggetti senza storia recente di viaggi in aree a rischio. Tuttavia, come già sottolineato, questo fenomeno è raro; solo una piccola percentuale delle zanzare riesce a intrufolarsi negli aerei e di queste, meno del 5% è in grado di trasmettere la malaria. Detto questo, l’aumento dei viaggi aerei e i cambiamenti climatici potrebbero portare a una maggiore possibilità di casi di questo tipo.
Con l’innalzamento delle temperature e l’espansione delle zone abitate dalle zanzare, il rischio di malaria da aeroporto potrebbe diventare più tangibile rispetto a quanto osservato in passato. Pertanto è fondamentale rimanere vigili e mantenere alta l’attenzione. La vigilanza delle autorità sanitarie e la conoscenza da parte dei viaggiatori possono svolgere un ruolo cruciale nel contenere i rischi di questa malattia.