Melanoma: immunoterapia e batteri intestinali, la chiave per la cura?

La ricerca scientifica nel campo dell’oncologia è in continua evoluzione, e i recenti risultati ottenuti dall’Istituto europeo di oncologia di Milano offrono spunti promettenti in un’area cruciale: l’immunoterapia anti-melanoma.

Un team di ricerca coordinato da Luigi Nezi ha identificato dei marcatori nel microbiota intestinale che potrebbero predire l’efficacia della terapia nei pazienti con melanoma avanzato. Grazie a un semplice test del sangue, sarà possibile in futuro distinguere chi trarrà giovamento dalla terapia e chi no. Scopriamo insieme i dettagli di questa scoperta rivoluzionaria.

Batteri intestinali: il segreto del nostro sistema immunitario

Nel recente studio, sono stati coinvolti 23 pazienti affetti da melanoma inoperabile e in procinto di ricevere un trattamento immunoterapico che agisce bloccando la proteina PD-1. Questa proteina svolge un ruolo fondamentale nel ripristinare l’argentezza della risposta immunitaria contro le cellule tumorali. I pazienti sono stati monitorati tramite campioni biologici e dati clinici sia prima che durante il trattamento, raccogliendo dettagli per oltre 13 mesi. Attraverso questo approccio, i ricercatori hanno potuto creare un legame tra le variazioni del microbiota intestinale e i marcatori infiammatori presenti nel sangue.

È noto da tempo che esiste un collegamento tra microbiota e immunoterapia, ma questa nuova ricerca chiarisce i meccanismi alla base di questa relazione. Infatti, i pazienti con una risposta clinica completa presentano una composizione del microbiota che rimane stabile durante il trattamento. Questo significa che alcuni batteri, di cui i Clostridia sono i principali rappresentanti, giocano un ruolo chiave. Questi batteri, responsabili del metabolismo delle fibre alimentari, non solo promuovono la salute intestinale ma anche ottimizzano le funzioni delle cellule immunitarie. La scoperta non fa altro che confermare che una dieta ricca di fibre potrebbe essere vantaggiosa per i pazienti sottoposti a immunoterapia, aprendo nuove vie di ricerca e comprensione.

La metagenomica svela il potenziale nascosto

L’analisi genetica approfondita, nota come metagenomica, ha rivelato che i pazienti che rispondono positivamente alla terapia presentano un arricchimento di geni specifici. Questi geni sono coinvolti nella sintesi di peptidi che imitano la struttura di alcuni importanti antigeni presenti nel melanoma. Questa somiglianza permette ai linfociti, le cellule immunitarie responsabili della risposta contro il cancro, di riconoscere non solo i peptidi batterici ma anche i loro analoghi tumorali, fornendo così un potenziamento dell’immunità antitumorale.

Un’approfondita analisi genetica ha rilevato una terapia grazie a geni specifici (passionecorsa.it)

La ricerca pone interrogativi interessanti riguardo alla maturazione dei linfociti. Questi ultimi, infatti, vengono eliminati se riconoscono proteine endogene, una protezione importante ma che può anche rendere il nostro sistema cieco agli antigeni tumorali. Tuttavia, a livello intestinale i processi variano: qui, i meccanismi di tolleranza ci aiutano a coesistere con batteri ‘commensali’ che sono essenziali per il nostro benessere. Si ipotizza quindi l’esistenza di una biblioteca di peptidi nel nostro intestino, pronta a supportare il sistema immunitario nella lotta contro il cancro.

Verso un test del sangue predittivo

Gli autori dello studio avanzano proposte intriganti per il futuro. Innanzitutto, la possibilità di uno screening per identificare i pazienti adatti all’immunoterapia tramite test ematici. Questa innovazione potrebbe rivoluzionare la gestione dei pazienti, consentendo di discernere chi potrebbe effettivamente beneficiare del trattamento, riducendo spese e effetti collaterali per quelli che non risponderebbero. Paolo Ascierto, direttore del Dipartimento Melanoma e Immunoterapia della Fondazione Pascale, ha sottolineato l’importanza di disporre di marcatori efficaci che possano predire la risposta alla terapia.

In aggiunta, i ricercatori ipotizzano che i risultati di questa ricerca possano condurre a nuove terapie, con l’uso di mix di peptidi che possano stimolare positivamente il microbiota. Questi peptidi potrebbero in futuro non solo amplificare l’efficacia delle terapie cellulari, ma anche fungere da vaccini terapeutici, educando il sistema immunitario a riconoscere i tumori in modo più mirato. Una prospettiva davvero affascinante che potrebbe cambiare il modo in cui affrontiamo la malattia.

Il mondo della ricerca oncologica continua a muovere passi importanti, ed è chiaro che l’interazione tra microbiota e immunoterapia rappresenta una frontiera che merita di essere esplorata ulteriormente.

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Gloria