Secondo recenti ricerche condotte da WaterAid, il ciclo mestruale continua a rappresentare un argomento dibattuto e, in molti casi, ancora un tabù culturale in diverse parti del mondo.
Questo fenomeno non solo limita la comodità e la salute delle donne ma è anche collegato a problemi di accesso all’istruzione. In particolare, alcune statistiche riguardanti l’Iran e l’India evidenziano la precarietà delle conoscenze sulla salute mestruale, che ha ripercussioni dirette sulla vita quotidiana delle ragazze.
In Iran, una proporzione allarmante, il 50% delle ragazzine crede che il ciclo mestruale sia una malattia. Questo dato sorprendente rivela una mancanza di educazione e coscienza riguardo a un processo naturale. Non è difficile capire come, in un contesto simile, le ragazze possano sentirsi isolate e stigmatizzate. La completa disinformazione porta a una serie di conseguenze negative, dove le giovani donne, per il timore di essere giudicate, preferiscono rimanere a casa piuttosto che affrontare la società. Questa situazione, di per sé, rappresenta una barriera per la loro formazione e crescita personale, allontanandole da opportunità educative fondamentali.
In India, il quadro non è molto migliore. Qui, una ragazza su dieci ritiene che il ciclo mestruale sia legato a malattie, rimanendo così vittima di miti e credenze popolari che affliggono la società. La mancanza di informazione contribuisce a perpetuare l’idea che le mestruazioni debbano essere vissute con vergogna. Nonostante le campagne di sensibilizzazione che hanno preso piede negli ultimi anni, esiste ancora un enorme divario nella comprensione e nell’educazione riguardo al ciclo mestruale. Questo porta diverse adolescenti a saltare la scuola, privandosi di un diritto fondamentale: l’istruzione.
Nei paesi in via di sviluppo, il non avere accesso a strutture igieniche adeguate durante il ciclo mestruale complica notevolmente la vita delle ragazze. Alcuni paesi come il Nepal vivono situazioni particolarmente gravi, dove usanze come il chaupadi, una tradizione di esclusione, costringono le giovani a isolamento durante il loro ciclo.
Durante questo periodo, non possono né andare a scuola né svolgere attività lavorative, creando un ulteriore ostacolo alla loro crescita personale e professionale.
Un’altra tradizione che colpisce è quella del Rishi Panchami in Nepal, un festival in cui le donne devono purificarsi e chiedere perdono per i peccati percepiti durante i loro cicli mensili. Questo rito porta a una vera e propria stigmatizzazione, dove le ragazze sono costrette a esprimere rimorsi per un ciclo naturale, aggravando ulteriormente il tabù che circonda le mestruazioni. Queste pratiche non solo alimentano il senso di colpa, ma impediscono un approccio sano e positivo nei confronti della propria corporeità. Allo stesso tempo, poiché le donne e le ragazze sono soggette a tali rituali, ciò impedisce un cambiamento sostanziale nella loro condizione sociale.
Seppur ci siano segnali di cambiamento, il percorso verso la normalizzazione del ciclo mestruale e la rimozione dei tabù ad esso legati sembra essere ancora lungo, richiedendo l’impegno collettivo delle società. I passi futuri devono prioritizzare l’educazione e la sensibilizzazione per generare consapevolezza e integrazione.